Sei solo un vecchio abete ostinato, un Don Chisciotte della montagna, il tuo tempo è finito, lo sai.
E quando arriva la bufera e una raffica assassina ti piega come non mai, hai perfetta coscienza di quel che sta per accadere. Se non ti spezzerà a metà, ti sradicherà per intero. Nell’aria risuonerà lo schiocco, oppure lo schianto. Ma c’è qualcosa che ti spinge a resistere.
Vivere, è come un comandamento
Vivere, e combattere e lottare contro tutto…
E perciò nell’istante cruciale vibrerà in te la linfa del giovane frassino, nelle tue fibre si materializzerà il guerriero. Ti farai arco e restituirai al vento la sua tremenda frustata. Sarà il tuo ultimo colpo, ma ci proverai! E se dopotutto crollerai, lo farai con una risata.
Vivere, come stare sempre al vento
Vivere, e sorridere dei guai
Ecco l’albero della conoscenza, il codice della vita di ogni organismo vivente. Percepire, sentire, reagire, cambiare… Non il segreto perduto, ma il manifesto ritrovato: vivere vuol dire apprendere, vivere è conoscere!
Quando nel 1984 fu pubblicato “L’albero della conoscenza”, l’opera più nota dei due grandi studiosi cileni, Maturana e Varela, maestro e allievo, i bibliotecari non sapevano dove collocarla: biologia o filosofia?
Sottotitolo: le radici biologiche della conoscenza. Ovvero: il meccanismo cognitivo della vita. Nasceva una nuova disciplina: l’epistemologia. La filosofia della scienza, la scienza delle scienze. Diversi decenni prima che Mancuso e soci iniziassero a parlare di intelligenza delle piante, Maturana e Varela spiegarono il legame indissolubile tra il mondo della vita e quello della conoscenza, la dinamica “autopoietica” di ogni sistema vivente, capace di auto-crearsi, di stare al mondo come essere senziente, nutrendosi di informazioni e attivando relazioni, senza altra finalità che vivere.
Vivere, è un po’ come perder tempo
Vivere o sopravvivere, senza perdersi d’animo mai
Sì, aveva ragione quel poeta, siamo come foglie sugli alberi d’autunno.
Maturana e Varela hanno dimostrato che l’intelligenza umana è di tipo vegetale, che l’emotività umana è di tipo animale. Ma questo metterebbe in discussione la convinzione antropocentrica. Risulta molto più rassicurante parlare di “intelligenza delle piante” e “sentimenti degli animali”. Piuttosto che riconoscere la nostra comunione col vivente, preferiamo riferirci e assoggettarci a un’intelligenza artificiale, non biologica, incorporea, eterea.
Forma tecnologica, ma sostanza teologica. Onnisciente, onnipotente, l’intelligenza artificiale realizza il progetto di Sant’Agostino, la città di Dio. Facciamo di tutto, inventiamo di tutto pur di fuggire dal mondo della vita. Spesso ci riusciamo. Spegniamo il corpo, spegniamo il cervello, spegniamo il cuore. Ma poi arriva una raffica di vento a ricordarci che siamo alberi della conoscenza, che vivere è conoscere, esperire, resistere.
Vivere, vivere, anche se sei morto dentro
Quando un incendio distrusse completamente il loro laboratorio e archivio, Maturana disse: “le cose importanti stanno nei cuori e nelle menti, che non sono bruciate”.
Vivere, vivere, vivere
E restare sempre al vento
E pensare che domani sarà sempre meglio
Testi di Leone Belotti
Illustrazioni di Alessandra Corti
Fonti e riferimenti:
Vasco Rossi, Vivere, 1993
Humberto Maturana e Francisco Varela, L’albero della conoscenza, 1984