Il mercoledì delle piante

Tu chiamale se vuoi emozioni

Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi 

ritrovarsi a volare

Attraversare l’Europa come un uccello migratore, lungo il Reno e il Danubio.

Patrick Leigh Fermor nel 1934 è un 18enne con due passioni: leggere e camminare. Ha la strana idea di partire da Londra e raggiungere Costantinopoli a piedi, camminando “Tra i boschi e l’acqua”, come recita il titolo del suo libro-racconto.

E di notte passare con lo sguardo la collina per scoprire 

dove il sole va a dormire

“Foresta e fiume e palude correvano grigi incontro alle ultime tracce del tramonto”.

“La libertà di passare la notte all’aperto, ad osservare l’inabissarsi del sole e il sorgere della luna mentre due piccole lepri si rincorrono e improvvisamente si bloccano fissandosi estatiche, le orecchie drizzate, come in preda a un incantesimo lunare”.

Uscire dalla brughiera la mattina dove non si vede a un passo per ritrovare se stesso

parlar del più e del meno con un pescatore per ore e ore

“Il legno di quercia va bene per tutto. Il cerro per pavimentare le stalle e le doghe delle botti. Il faggio, il carpino e l’olmo utili per i mobili e le casse da morto. Il frassino buono per gli utensili, manici di martelli, vanghe, falci e rastrelli. Il pioppo inservibile, buono a fare truogoli e cucchiai. Erano gli zingari a fare tutto questo. Si sistemavano nella corte con donne e bambini e intagliavano finché la legna finiva. Non c’erano soldi di mezzo, si faceva a metà”.

Fermor in realtà è attirato dal “Legno storto” dell’umanità, passa le notti ospite di aristocratici isolati, di contadini, di pastori, di zingari, descrivendo la biodiversità umana con occhio botanico, raccogliendo senza saperlo le ultime fioriture di un mondo in estinzione, fatto di mille nazionalità, affascinato dalla mescolanza di lineamenti, lingue, usanze, credenze, risultato di migrazioni millenarie, innesti, ibridazioni. Si emoziona scoprendo che in rumeno “figli dei fiori” significa figli naturali, concepiti fuori dal matrimonio, en plein air.

L’immensa pianura ungherese, il dedalo di gole e foreste della Transilvania, la Bucovina, la Bessarabia, regioni oggi dimenticate, le steppe, gli acquitrini ghiacciati del nord, i vigneti e i campi di luppolo verso sud, le Porte di Ferro, le paludi, la foce. Un mondo cancellato dalla guerra e dal progresso.

La tristezza in fondo al cuore come la neve non fa rumore

Cinquant’anni dopo, nella postfazione dell’edizione del 1986, Fermor scriverà:

“Tutte le parti d’Europa che avevo fin lì attraversato sarebbero state dilaniate e distrutte dalla guerra”; “Quasi tutti i miei amici trascinati nel conflitto contro i loro reali sentimenti”; “Il progresso ha sprofondato sott’acqua tutto lo scenario del mio viaggio. La diga ha trasformato il corso del Danubio rendendolo irriconoscibile. Non c’è luogo al mondo in cui la distruzione dei legami storici, della bellezza e dell’ambiente abbia raggiunto tali proporzioni”.

E ricoprir di terra una piantina verde sperando possa 

nascere un giorno una rosa rossa

Il suo libro, “Fra i boschi e l’acqua”, passa di generazione in generazione. Nel 2011 il trentenne Nick Hunt ripercorre e riscrive dopo 75 anni il cammino/libro di Fermor.

“Al margine di un parcheggio fissavo un ciglio erboso. Tutto quello che dovevo fare era camminare. Misi un piedi davanti all’altro e cominciai a camminare”.

“Mi avviai tra la sterpaglia gialla accerchiata dalle autostrade”.

“Quando camminava Fermor in Germania c’erano 100 km di autostrade. Oggi sono 10.000. L’annullamento delle distanze, il rimpicciolimento delle carte geografiche, l’omologazione delle culture”.

“Quanto risulta bizzarro viaggiare in auto dopo appena poche settimane di cammino. Un’intera giornata di cammino compressa in mezz’ora. Forse la mancanza di sforzo per coprire le distanze crea il distacco tra le persone e l’ambiente”.

e chiudere gli occhi per fermare qualcosa che

è dentro me, ma nella mente tua non c’è

“Intorno al 1980 in seguito alle proteste il progetto di un’altra diga che avrebbe distrutto l’ultimo tratto di fiume ancora intatto fu fermato. Dieci anni più tardi tutta l’area fu dichiarata parco nazionale”. “Oggi è l’esempio di come appariva il fiume prima delle centrali idroelettriche”.

“Nella zona del delta un cartello mi informò che i laghi erano l’habitat della salicornia e della spergularia marina, piante succulente che vivevano nella melma protette dalle leggi europee erano riuscite a bloccare lo sviluppo immobiliare dove tutto il resto aveva fallito”.

Dopo averne seguito le tracce, Hunt consegna al fiume la propria copia del libro di Fermor. “Deformato dalla pioggia, infangato, gualcito e annotato, proprio come dovrebbe capitare a tutti i libri se si vuole render loro giustizia”. “Le pagine si staccarono e galleggiarono via come petali di un fiore lungo la corrente”.

Quando un libro ti ha donato la sua linfa, non merita la polvere. Senti di dover liberare le pagine più belle e lasciarle andare, come foglie.

Capire tu non puoi 

tu chiamale se vuoi emozioni

tu chiamale se vuoi emozioni

Testi di Leone Belotti

Illustrazioni di Alessandra Corti

Fonti e riferimenti:

L. Battisti, Emozioni, 1970.

P. L. Fermor, Tra i boschi e l’acqua, 1936-1986.

N. Hunt, Camminando tra i boschi e l’acqua, 2016.

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