Il mercoledì delle piante

Il treno dei desideri

Sarà capitato anche a te. Non vedevi l’ora di partire, ma quando arriva il giorno della partenza vorresti startene a casa. Parti controvoglia pensando già al momento del ritorno. E poi invece non vorresti più tornare. Massimo Recalcati, il filosofo-psicanalista, parla di: “vita di radice, vita di famiglia, vita che appartiene a una comunità. Bisogno di appartenere e poi, subito dopo, bisogno di sconfinare”.

Il treno dei desideri

nei miei pensieri all’incontrario va.

Il viaggio rivela la naturale “doppiezza” di ogni vivente. Siamo esseri sociali (Aristotele) ma temiamo il diverso, l’altro, lo straniero (Freud). Tutti abbiamo “la tentazione del muro, di preservare i confini e scambiare la libertà per un po’ di sicurezza”. Ma prima o poi “la vita sfugge dalla gabbia, sfugge dal contenimento per correre verso la luce, verso il viaggio, l’avventura”.

C’è tanto sole, e ne ho bisogno come un fiore,

e ho bisogno di sentire l’acqua, il vento e di respirare.

Intorno a te, verso i confini, lungo i margini e i fossi, ai bordi delle strade e delle ferrovie, è tutto un florilegio, un’esplosione di vita spontanea, papaveri, primule, viole, margherite, campanelle, ranuncoli…

Si, viaggiare

dolcemente viaggiare

In mezzo ai fiori, ecco le erbe alimentari, con i loro poteri disintossicanti e anticolesterolo, la grande famiglia selvatica delle cicorie con tutti i parenti, cioè le scarole, le indivie, le ricce, i radicchi rossi e la catalogna. E poi la borragine, deliziosa nei ravioli e nelle frittate; l’aglio orsino ideale per il pesto; l’asparago selvatico, i topinambur e naturalmente l’ortica, che è meglio degli spinaci. Puoi fermarti a raccoglierle, rifocillarti all’ombra delle alberate di platani, tigli, faggi, olmi, aceri, querce, noci, ippocastani, gelsi, cipressi, palme e alberi da frutto.

Rallentando per poi accelerare

con un ritmo fluente di vita nel cuore

Le strade sono corridoi ecologici tra ecosistemi e specie vegetali e animali, veri e propri habitat lineari, scorrevoli e connettivi come nastri trasportatori e nutritivi come cordoni ombelicali. Offrono ombra, riparo, alimenti e legna da ardere. Per millenni le piante e gli alberi meglio degli autogrill e degli outlet hanno fornito benessere e disegnato un paesaggio, un’estetica del viaggio, dando senso ai luoghi e alla storia, raccontando l’Europa delle legioni romane, delle invasioni barbariche, dei pellegrini e dei crociati, dei mercanti, degli studenti, dei poeti e degli illuministi. Dalla Roma papalina e dalla Parigi secondo impero i viali alberati si diffondono nelle città. Anche le prime autostrade costruite negli anni Venti sono interamente alberate. Poi cambia tutto.

Guido piano 

e ho qualcosa dentro al cuore

Al posto di fiori, piante e alberi, le strade vengono circondate da barriere, file di lampioni e cartelloni pubblicitari. Ovunque ci sia un minimo rilievo, tunnel e viadotti. E infine la proliferazione delle rotonde, “non luoghi” simbolo di una società incapace di fermarsi, che gira a vuoto.

“La guerra agli alberi” iniziata negli anni Sessanta è il primo capitolo de “La distruzione della natura in Italia”, il grande libro inascoltato di Antonio Cederna che già nel 1975 dimostrava l’uso pretestuoso delle “ragioni di sicurezza” per il taglio massivo degli alberi, operazione che in realtà ci porta dritti al titolo del capitolo successivo: “Perché l’Italia frana quando piove”.

Fermiamoci un momento. Osserviamo la realtà. Parliamo tanto di mobilità sostenibile, ma se non torniamo a concepire la strada come un ecosistema, ci prendiamo in giro. Se la strada è avulsa dal paesaggio, il paesaggio muore.

“Forse è giunto il momento di ripensare a una estetica delle strade che parta dalla lettura del territorio e non dalla priorità dell’automobile, dalla qualità del viaggio e non dall’ansia della meta”. (R. Pazzagli).

La meta, la fine, il fine, ecco il confine da superare.

Perché confine, è chiaro, significa con-fine. E come si supera il con-fine?

In un attimo, con amore sconfinato, infinito.

Senza fine

tu sei un attimo senza fine

Non serve l’alta velocità, basta una siepe. Leopardi immaginava e coglieva l’infinito al di là di una siepe. Noi per vedere l’infinito siamo capaci di tagliare la siepe.

Non c’è viaggio, non c’è vita se non c’è bellezza, curiosità, desiderio.

Allora, hai deciso cosa fare? Stai a casa a tagliare la siepe?

Io quasi quasi prendo il treno 

e vengo, vengo da te.

Testi:
Leone Belotti

Illustrazioni:
Alessandra Corti

Fonti e riferimenti:

A. Cederna, La distruzione della natura in Italia, 1975.

R. Pazzagli, Gli alberi lungo le strade, in “Scienze e ricerche”, n. 5/2015.

M. Recalcati, lezione “sul confine”, 2021.

P. Conte, Azzurro, 1968.

F. Concato, Guido piano, 1984.

G. Paoli, Senza fine, 1961.

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