Vista dalla Luna, la Terra è una piccola macchia di colore che a fronte dell’immensità vuota dell’infinito con incredibile coraggio sussurra qualcosa come “io sono viva”, esattamente come una piantina nel deserto. O una pianta d’appartamento circondata da materiali sintetici. Abbiamo avuto bisogno di andare sulla Luna per capire che ciò che ci permette di vivere sulla Terra sono le piante.
Proprio nell’epoca della conquista dello spazio, gli scienziati della NASA, facendo ricerche per trovare sistemi in grado di garantire il riciclo dell’aria nelle basi lunari, si sono resi conto che le piante d’appartamento hanno la capacità di depurare e rinnovare l’aria all’interno di ambienti chiusi, permettendo così le funzioni vitali anche alle specie animali. I processi biologici delle piante rappresentano il sogno di ogni progettista: una tecnologia perfetta e perfettamente autosufficiente. Si tratta di rendersene conto e trarne le dovute considerazioni e conseguenze. In quest’ottica, la famosa frase di Armstrong, l’astronauta che per primo nel 1969 pose piede sul suolo lunare, “un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità”, assume un senso completamente diverso: il primo passo della diffusione di una nuova attenzione verso l’ecosistema terrestre, la nascita della sensibilità ecologica. Non dimentichiamo che si viveva il boom della rivoluzione della plastica e dell’usa e getta. Alle nuove generazioni sembrerà inverosimile, ma in quegli anni non esisteva nemmeno la parola inquinamento ed era normale produrre tutto dai derivati del petrolio e poi “buttare via” questo tutto come niente fosse.
Solo pochi anni dopo l’allunaggio, venne la grande crisi energetica del 1973-74, innescata dall’OPEC, l’organizzazione dei paesi arabi produttori di petrolio che decise l’embargo verso i paesi industrializzati, e per ridurre il consumo di carburante da riscaldamento l’industria edilizia avviò una rivoluzione concettuale nei metodi di costruzione degli edifici, sempre più isolati e sigillati per non disperdere il calore. Paradossalmente questo nuovo approccio improntato al risparmio energetico sarebbe diventato la causa di una serie di nuove malattie. Oggi l’inquinamento indoor è classificato dall’EPA, l’ente di protezione ambientale americano, tra le 5 principali fonti di pericolo per la salute pubblica ed esistono definizioni come SEM, sindrome dell’edificio malato, e PAE, patologia associata agli edifici, che riconducono una vasta gamma di sintomi, disturbi e malattie dell’apparato respiratorio (irritazioni, allergie, infezioni, tumori) alla cattiva qualità dell’aria degli ambienti chiusi nei quali il 90% della popolazione dei paesi sviluppati trascorre il 90% del proprio tempo, sviluppando le proprie relazioni umane in ambienti claustrofobici. Io vorrei che quell’esserci amati, annullati, divisi, rincorsi, appagati – come cantava Franco Simone – diventasse respiro.
Quelle ricerche avviate dalla NASA per le basi lunari sono diventate… le basi terrestri per sviluppare moduli come la bio-casa e la “zona individuale di respirazione”, ovvero quell’area di 1/5 di metro cubo nella quale la persona passa moltissime ore alla propria postazione in ufficio o in casa davanti alla televisione. Se collocate in questo spazio, le piante svolgono una serie di funzioni benefiche, rimuovendo la formaldeide, l’ammoniaca e molte altre sostanze inquinanti rilasciate dai materiali sintetici, ma anche i bio-effluenti prodotti dall’uomo stesso, riducendo al contempo gli effetti dei campi elettromagnetici creati dai dispositivi elettronici ma soprattutto regolando naturalmente l’umidità.
Alla fine degli anni Novanta, i risultati delle ricerche sulle prestazioni di 50 tipologie di piante d’appartamento e da ufficio, con la pubblicazione di “Amiche piante” a cura di Bill Wolverton, sono divenuti il riferimento per la rivoluzione verde e l’impiego sempre più consapevole e funzionale delle piante da interni sino ad allora considerate “decorative”, mentre in realtà si tratta dei più efficienti sistemi di depurazione dell’aria non solo da mattino a sera, ma anche dal tramonto all’alba: lascia che sia respiro il mio saluto al giorno.
Testo: Leone Belotti.
Illustrazioni: Alessandra Corti.