Con te dovrò combattere
Con te dovrò combattere è il primo pensiero di una pianta grassa appena si guarda intorno. Sabbia, roccia, suolo arido, temperatura rovente, aria secca e afosa. Un ambiente totalmente ostile.
Non ti si può pigliare come sei. I tuoi difetti son talmente tanti che nemmeno tu li sai.
Non c’è acqua nel sottosuolo, la pioggia è scarsissima e concentrata in una stagione brevissima. Sembra impossibile riuscire a vivere in ambienti come le zone desertiche o i terreni ricoperti di lava vulcanica, dove ogni forma di vita è scomparsa, estinta, bruciata. Ma le piante sanno come fare. Il loro lifestyle è il miglior esempio di rigenerazione ambientale. Un lavoro sovrumano.
Come spiega Elio Baldacci in “Vita privata delle piante”, in quanto a capacità, audacia e pazienza nel ricreare la vita in condizioni insostenibili il primato tra le specie vegetali spetta alle piante grasse. Il fusto assume la forma di un sifone o di un’ampolla e la funzione di un contenitore impermeabile grazie a un tessuto che assorbe, senza lasciarla fuoriuscire, l’acqua raccolta dalle radici e dalla pianta stessa in virtù di un rivestimento setoso o aghiforme in grado di catturare ogni particella di vapore acqueo. Nei lunghi mesi asciutti il fusto come un filtro calibrato centellina il rilascio d’acqua. In caso di necessità, le piante si liberano di intere parti del fusto, disarticolandole. Quando la siccità si prolunga, la pianta si contrae su sé stessa, si svuota fino a ridursi e a scomparire sotto il suolo, ma la radice, per quanto piccola, resta viva e la pianta riprende a vivere alla prima goccia d’acqua.
Ma c’è di buono che al momento giusto tu sai diventare un altro.
Lottando per sopravvivere, le piante grasse creano le condizioni di vita per altre piante. Le radici fermano la terra sabbiosa e frantumano le rocce basaltiche. I fiori e i frutti fertilizzano il terreno creando un primo strato di humus. Alle cactee a forma di candelabro si affiancano le mammillarie sferiche, le opunzie dalle grandi foglie a racchetta, le agavi e il fico d’India. Il deserto è trasformato, le piante grasse rendono disponibili liquidi e cibo e diventa possibile per l’uomo attraversarlo o abitarlo in modalità nomade.
Il lavoro delle piante grasse restituisce alla vita anche i terreni carbonizzati dalle colate laviche. Le radici del fico d’India hanno la capacità di introdursi, dilatare e rompere lo strato di lava preparando il terreno ad altre piante come la ginestra che proseguono la bonifica: a questo punto, come vediamo sulle pendici dell’Etna e del Vesuvio, è possibile introdurre la vigna e ottenere risultati enologici straordinari.
Impariamo dalle piante grasse a rinascere, riportare la vita, rigenerare l’ambiente.
La pazienza del cactus, il lavoro del fico d’india, le magie della ginestra: insieme per arrivare alle gioie della vite.
“Non dobbiamo sprecare i giorni difficili che abbiamo vissuto” (papa Francesco).
In un attimo tu sei grande grande grande.
Le mie pene non me le ricordo più.
Testo: Leone Belotti.
Illustrazioni: Alessandra Corti.
Fonti e riferimenti:
“Vita privata delle piante”, Elio Baldacci, 1937.
“Grande grande grande”, Mina, 1971.