Un labirinto nascosto da 300 anni nel cuore di Parigi, in un edificio non appariscente. All’interno 4 piani di scaffali infiniti, stipati di incartamenti senza tempo, ricoperti di polvere.
Sembra un qualsiasi archivio dell’era cartacea, ma è il caveau più prezioso dell’umanità.
Basta aprire un faldone e dalle pagine escono fiori, foglie, piante, semi. Se chiudi gli occhi ritrovi nell’aria, nella polvere, la memoria del polline.
E ti vengo a cercare
Perché ho bisogno della tua presenza
Siamo all’Herbier, l’erbario nazionale francese, 8 milioni di specie vegetali, la più grande raccolta al mondo. Marc Jeanson è il botanico che lo dirige. Ha scritto un libro che comincia così: “Ho sempre sognato di addormentarmi in una serra”. Racconta che quando esce dall’ufficio il suo occhio è catturato dai fiori di strada, dalle piante da marciapiede che crescono tra il cemento e l’asfalto, sia spontanee che non. Quando la sera arriva a casa, quando la mattina si sveglia, la prima cosa che fa è guardare le piante del suo appartamento. Dice: “l’amore per le piante consiste nel sapersene circondare in qualunque luogo”. Chi ama i libri fa lo stesso.
Per capire meglio la mia essenza
Perché in te vedo le mie radici
L’erbario è la summa del bibliofilo-biofilo. “Foglie infilate tra due fogli”, la tecnica di conservazione è sempre la stessa dal Rinascimento. Cambiano gli allegati, i riferimenti di classificazione. Nel mondo di ieri c’era il disegno e la descrizione delle sensazioni, degli odori, dei colori, del paesaggio. Oggi la fotografia digitale, le coordinate GPS, il DNA.
Una corsa contro il tempo, per testimoniare la biodiversità. Ma la vera elica genetica dell’Herbier è questa specie di pulsione doppia, alla ricerca e alla memoria, a cogliere e ricordare, che da secoli anima e accomuna persone diversissime, sacerdoti, esploratori, archivisti, che fanno vite diversissime, chi tutta la vita tra foreste e paludi, chi sempre rinchiuso nello studio, davanti a un microscopio o un video.
Ma perché, infine? Cosa facciamo qui, cosa cerchiamo, cosa c’è di prezioso tra le pagine di un erbario? L’attimo fuggente, e il senso del tempo perduto. Perché da un seme rimasto 1200 anni sotto il fondo di un lago può germogliare un fiore di loto. Perché puoi rivivere le sensazioni che hai saputo descrivere. In un erbario, in una biblioteca, in una pianta, in un libro cerchiamo e troviamo questo: un seme, una traccia, una frase da cui riprendere vita.
Marc Jeanson racconta di trovarsi sempre doppiamente attirato: dalla pianta, e dall’uomo che l’ha scoperta. Dalle cose che ha scritto. “Nessuna immagine può sostituire lo scritto: scrivere, descrivere, significa entrare nel segreto del vegetale”. Nell’Herbier ogni erba, ogni fiore corrisponde non solo a un numero d’archivio, ma a un ricordo, un momento unico, che solo la capacità di descrivere con precisione e passione può rievocare, facendo rinascere all’istante non solo quella pianta, ma l’intera foresta, l’ambiente e l’epoca nella quale è stata raccolta.
La relazione profonda che lega uomini e piante, il riferimento esistenziale comune, da non dimenticare, è proprio nel ricreare la vita. Le piante lo fanno sempre. Gli esseri umani ci provano. Si danno molto da fare. Raccolgono fiori, storie, immagini. Sognano mondi nuovi, paradisi perduti, evoluzioni fantastiche. A volte scrivono canzoni che sono dei fiori.
E ti vengo a cercare
anche solo per vederti o parlare
Testo: Leone Belotti
Illustrazioni: Alessandra Corti
Fonti e riferimenti:
Franco Battiato, E ti vengo a cercare, 1988
Marc Jeanson e Charlotte Fauve, Il botanista, 2019