Chi fa il contadino, chi va in farmacia.
Chi gioca d’azzardo, chi ama la zia.
Cinque anni fa il futuro arredatore dei nuovi vip Hilton Carter cambiò casa. Per schermare la luce della grande vetrata del soggiorno, invece di scegliere le tende, pensò di utilizzare una pianta, un Ficus lyrata dalle grandi foglie a forma di violino. La chiamò Frank.
Fu la prima pianta a entrare in casa sua. Parlarono. Frank disse di non soffrire di gelosia. Dopo un anno le piante in casa Carter erano già 60. Oggi sono più di 300.
Il soggiorno è una radura nella giungla. Nello studio la vecchia poltrona è diventata un trono di piante. La stanza da bagno è una fonte nel bosco. La camera da letto un nido avvolto da pareti verdi, fitte di culle e amache ricolme di edere.
Hilton Carter non vive più in una casa, ma in una indoor jungle.
Una follia? No, un paradiso della salute.
Chi è assicurato, chi è stato multato.
Chi gli manca qualcosa, chi vive da solo.
Abbiamo talmente bisogno della natura che ci basta vederne le immagini per stare meglio. Se poi le respiriamo, oltre a ritrovare i ricordi perduti, scarichiamo lo stress, stabilizziamo umori e sudori, rinforziamo il sistema immunitario. Millenni di aromaterapia attestano i benefici specifici di ogni pianta.
Vista, olfatto, udito, tatto, gusto: tutti i sensi reclamano la natura. Viviamo e lavoriamo respirando plastiche, vernici sintetiche e dispositivi elettronici. Le poche ore d’aria che passiamo immersi nella natura sono indispensabili. Per questo sono nati gli healing gardens, i giardini della salute, e la terapia forestale.
Ma dobbiamo stare in casa. E allora ecco l’idea della indoor jungle.
Se Carter non va alla foresta, la foresta va da Carter. Molto logico. E molto salutare, anche nei riguardi della sfera sentimentale e della dimensione spirituale.
Chi legge la mano, chi vende amuleti.
Chi ha crisi interiori, chi scava nei cuori.
Nella sua casa-giungla Hilton Carter ha scritto un libro: “Wild at home”.
Il primo risultato del portarsi in casa la natura consiste nell’avere finalmente intorno un senso di calma e pace. L’energia, la linfa, il senso naturale del sacro che tutti i popoli antichi percepivano nella foresta.
Le piante sono forme di vita che raccontano storie, disegnano percorsi, rimandi, giochi cromatici. Una vera galleria d’arte. Luci, funzioni, trame, fibre. Parliamo di plant design, plant dress, terrarium lamp, green madness. Parliamo dei nuovi vip, che siamo noi.
E che diciamo: il lusso è morto, la vita è lussureggiante.
Chi mangia patate, chi beve un bicchiere.
Chi solo ogni tanto, chi tutte le sere.
Poi all’imbrunire ti viene da piangere, pensi all’happy hour, hai sete, ti metti a ridere e cominci a bagnare le piante. Alcune solo ogni tanto, altre tutte le sere. E quando è il momento anche travasare, potare, nutrire, pulire. Avere cura delle piante, entrare in empatia, sentirsi una pianta e perciò e finalmente aver cura anche di sé!
L’anno che verrà ci vuole un fiore grande grande grande. Il cielo in una stanza, cosa sarà?
Stasera l’aria è fresca, il mio canto libero e dimmi che non vuoi morire, luce.
Il cielo è sempre più blu.
Il cielo è sempre più blu.
Testo: Leone Belotti.
Illustrazioni: Alessandra Corti.
Fonti e riferimenti:
Rino Gaetano, Ma il cielo è sempre più blu, 1975.
Hilton Carter, Wild at home, CICO books, 2019.