L’illustrazione botanica è una terra di nessuno, di mezzo, contesa tra l’arte e la scienza. Essere allo stesso tempo artisti e scienziati richiede una suprema indifferenza alle convenzioni e alle ambizioni di settore. Occorre una specie di superiorità psicologica e morale di tipo femminile. Le incredibili vicende delle due grandi regine dell’illustrazione botanica, Maria Sybilla Merian e Marianne North, diversissime per ambiente, epoca, carattere e percorso, lo dimostrano.
Maria Sybilla Merian inizia fin da piccola a sfidare il mondo. Nata nel 1647, figlia di un editore svizzero trapiantato a Francoforte, a tre anni manifesta già talento per il disegno. Rimasta orfana, ha la fortuna di avere un patrigno che le insegnerà la pittura a olio e l’incisione. Ancora bambina si introduce in una residenza nobiliare per rubare preziosissimi tulipani. Dice di averlo fatto per la voglia di dipingerli. Dopo avere visto i suoi acquerelli, il conte la perdona.
A 13 anni, in un periodo di grande solitudine, incontra la passione della sua vita: gli insetti. Si sposa molto giovane con un pittore che si rivelerà di scarso talento. Ha due figlie, inizia a dipingere tovaglie e a vendere i colori da lei prodotti per mantenere la famiglia. Crea un laboratorio femminile dove insegna pittura e ricamo, e per avere un manuale da usare come campionario didattico crea e pubblica il suo primo “Libro dei fiori”. Intanto lavora al suo vero progetto, lo studio e la rappresentazione delle incredibili avventure floreali di bruchi, crisalidi e farfalle. Ma siamo in un’epoca nella quale sono ancora celebrati processi per stregoneria, le donne botaniche sono viste con sospetto e gli insetti sono considerati strumenti del demonio.
Non sono una signora
Una con pochi segni nella vita
Oh no, oh no, no, no
Forse in cerca di protezione, lascia il marito e con le figlie e la madre entra in una comunità di protestanti labadisti, dove si vive collettivamente, senza proprietà, in regola rigida di povertà e castità. Unico vantaggio: è riconosciuta la parità di diritti alla donna. Bisognosa di respiro culturale, esce dalla comunità e si trasferisce ad Amsterdam. Dopo infinite peripezie, all’età di 52 anni, si imbarca per il Suriname. Vuole osservare e dipingere bruchi, farfalle e fiori tropicali. Ma nei suo diari ci sono anche note sulle piante che le schiave indigene usano per abortire, non volendo procreare schiavi, e addirittura per suicidarsi, certe di rinascere libere. Al ritorno scrive agli scienziati e ai collezionisti di farfalle di tutta Europa per raccogliere prenotazioni e anticipi sull’edizione dell’opera summa del suo lavoro: “La meravigliosa metamorfosi dei bruchi”.
Vent’anni di ricerche, appunti e disegni, più altri cinque di lavoro editoriale per realizzare in proprio le incisioni e la stampa. Un libro innovativo, dove sono descritti e illustrati in 100 tavole i bruchi, le farfalle, le piante e i fiori di cui si nutrono. Un capolavoro. L’opera è accolta con grandi riconoscimenti.
Non sono una signora
Ma una per cui la guerra
Non è mai finita
Tuttavia non mancano i critici che le rimproverano la mancanza di “rigore scientifico” per aver aggiunto nelle illustrazioni altri insetti, ragni, formiche, rospi, e soprattutto per il linguaggio e le impressioni eccessivamente personali a margine delle notazioni entomologiche. La verità è che Maria Sibylla non è ossessionato dalla scientificità, ma ogni sua tavola e ogni sua descrizione è un gioiello di sensibilità e attenzione che denota una statura umana irraggiungibile dall’establishment accademico maschile.
“L’esperienza mi ha insegnato che spesso da bruchi del tutto insignificanti nasce qualcosa di veramente bello”.
“Questi minuscoli vermicelli osservano scrupolosamente il tempo e l’ordinamento loro assegnati, né vengono alla luce finché non sanno di poter disporre di nutrimento”.
“Dopo essersi sfilata la pellicina dalla testa, si dispongono al modo di un fantolino in fasce”.
“Conducono una vita di tale sapienza che in certe occorrenze pare quasi muovano gli uomini a provar vergogna”.
Duecento anni dopo, in Inghilterra, Marianne North è una tranquilla signorina d’epoca vittoriana. Nasce nel 1830, trascorre la giovinezza suonando il pianoforte e dipingendo acquerelli. Ha già 20 anni quando riceve la prima lezione di pittura floreale. A 25 dopo una visita a Kew Gardens nasce in lei, come già era accaduto a Maria Sybilla, il desiderio sempre più forte di vedere e ritrarre le piante tropicali nel loro ambiente naturale.
Io che sono una foglia d’argento
Nata da un albero abbattuto qua
E che vorrebbe inseguire il vento
Ma non può. Ha promesso alla madre sul letto di morte di dedicare la vita ad accudire il padre. E così farà. A 30 anni dipinge il suo primo paesaggio. A 37 anni inizia a praticare la pittura a olio.
Quando nel 1871 muore il padre, Marianne è una zitella ultraquarantenne. Decide. Parte.
Nell’arco dei successivi 15 anni visita, percorre, esplora e dipinge la flora di 15 paesi. Canada e Stati Uniti, Giamaica, Brasile, Tenerife, Giappone, Singapore, Borneo, Giava, Sri Lanka, India, Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica, Seychelles, Cile. Dipinge piante alimentari, palme da olio, frutta esotica, alberi sacri, piante medicinali.
Un lavoro ininterrotto, una produzione enciclopedica, 848 quadri che donerà ai Kew Gardens, facendo costruire a sue spese un padiglione museo per ospitare permanentemente la sua quadreria. Un luogo fantastico.
L’edizione completa dei suoi diari nel 1892 sarà un successo editoriale senza precedenti. Ma lei è già morta da due anni, meno che sessantenne, distrutta dall’incredibile lavoro svolto negli ultimi 15 anni di vita.
È un volo a planare
Per esser ricordati qui
Testi di Leone Belotti
Illustrazioni di Alessandra Corti
Fonti e riferimenti:
L. Bertè, Non sono una signora, 1982.
M.S. Merian, La meravigliosa metamorfosi dei bruchi, 1679.
M. Payne, Marianne North, a very intrepid painter, 1914-2018.