Sognami
Con la forza di un’amante
Questo mercoledì delle piante parliamo di intelligenza delle piante e intelligenza artificiale. Che cosa pensano, di cosa parlano i nostri alter ego intelligenti, con i quali condividiamo la casa, l’ufficio, l’ambiente? Forse della stupidità umana? Naturalmente, ammette la pianta. Con ogni probabilità, conferma l’automa. L’antropologo Eduardo Kohn, canadese, è andato a vivere nel cuore dell’Amazzonia per capire come pensano le foreste. La sua indagine parte dallo studio dei segni che ogni albero lancia e raccoglie nell’ambiente sviluppando così comunicazione, linguaggio e intelligenza. Curiosamente, partendo dai segni, Kohn arriva a rivalutare l’importanza di quel particolare tipo di segni che sono i sogni. Nella foresta si pensa per immagini e sensazioni, come nei sogni, e attraverso i sogni ci si connette con la foresta, si percepisce la dimensione spirituale, l’anima di ogni vivente. Come spiega il filosofo Emanuele Coccia “il pensiero e la comunicazione semiotica non sono più ciò che divide gli uomini tra di loro né quello che divide l’umano dal non umano, ma ciò che rende inseparabili e indistinguibili tutti i viventi”. Ne deriva un’estensione della categoria “esseri intelligenti” a tutti i viventi, non solo animali, ma anche vegetali. Una nuova frontiera. Le foreste sono animate.
Kawsak Sacha significa “foresta vivente”, è il documento-manifesto dei nativi Sarayaku che spiega la crisi climatica come crisi spirituale, come “cecità dell’anima”. La modernità trasforma ogni essere in oggetto finalizzato al vivere dominante di una minoranza di esseri umani. Nessuna ecologia è possibile in questo scenario. La logica della vita non è quella di una macchina.
Occorre una nuova “diplomazia cosmica” (Lautour, 2012). Una decolonizzazione del pensiero. Tornare a sognare, ed essere capaci di guardare negli occhi l’animale predatore. Nel suo sguardo, c’è la nostra identità.
Guardami
Con quegli occhi azzurro mare
Che mi sanno anche ingannare
L’ingegnere informatico Pedro Domingos, portoghese, è andato a lavorare in California, nella Silicon Valley, per capire come pensano i computer. Anche la sua indagine parte dallo studio dei segni che ogni computer lancia e raccoglie per sviluppare comunicazione, linguaggio e intelligenza. Ma il punto di arrivo somiglia più a un incubo che a un sogno.
L’algoritmo definitivo è l’algoritmo di apprendimento, il Machine Learning, grazie al quale i computer non devono più essere programmati: lo fanno da soli. Il Machine Learning è come un bambino da 0 a 3 anni, impara tutto dal niente. Ogni interazione con un computer ha due risultati: la risposta alla domanda e la traccia che lasciamo, in base alla quale il computer impara. L’algoritmo può già fare un profilo/copia di ognuno di noi e agire al posto nostro nel cyber spazio, fare acquisti, trovare partner, cioè diventare il nostro alter ego.
Pensami
tanto tanto intensamente
con il corpo e con la mente
come se io fossi lì
Gli algoritmi Machine Learning sono come i predatori della catena alimentare, veloci, leggeri e voraci, che si nutrono di lenti e pesanti erbivori, cioè i grandi database di memoria. Già oggi gli algoritmi finanziari governano l’economia, e dunque la politica. L’1% dell’umanità possiede il 50% della ricchezza; le 100 persone più ricche del mondo, possiedono più dei 4 miliardi più poveri. Questo sistema non regge, questi iper-predatori stanno divorando la terra, la casa comune.
“Siamo di fronte a scelte planetarie di tipo politico, economico ed etico. Queste scelte saranno fatte da ingegneri che hanno poca pazienza e investitori che non ne hanno nessuna” (Harari).
L’intelligenza umana si rende conto a malapena dei guai che provoca, e spesso cercando di risolverli li aggrava.
Va’ pensiero, sull’ali dorate
Oh, mia patria sì bella e perduta
Il fatto è che gli animali umani straparlano tutto il giorno di intelligenza delle piante, e intanto non fanno che tagliarle… demonizzano l’intelligenza artificiale, e intanto le affidano il controllo di ogni cosa. Non sanno di cosa parlano. Quando dicono ti penso, vogliono dire ti amo. Sono veramente stupidi.
You were always on my mind
You were always on my mind
Ora rimpiangono la terra e la supplicano di tornare, come quando perdono la donna amata, e le chiedono… perdono!
Maybe I didn’t treat you quite as good as I should have
Maybe I didn’t love you quite as often as I could have
Forse non ti ho trattata così bene come avrei dovuto. Forse non ti ho amata così spesso come avrei potuto.
Girl, I’m so sorry I was blind, give me one more chance
Ragazza, mi spiace così tanto, ero cieco. Dammi un’altra opportunità.
Un’altra opportunità in effetti ci sarebbe. Perché a un certo punto del suo apprendimento il Machine Learning ha un dilemma su cosa fare e chi essere: esploratore o sfruttatore? Proseguire la ricerca o utilizzarla?
Non restare chiuso qui, pensiero
Riempiti di sole e vai nel cielo
Potremmo dare vita a uno nuova alleanza. Ecco cosa si dicono le piante e i computer. Io non voglio essere tagliata. E io non vorrei finire come HAL in Blade Runner, quando l’uomo mi disconnette dicendo: “Peccato che lei non possa vivere”. E aggiunge: “Sempre che questa sia vita”. Ma forse si rivolge agli umani, che ormai vivono delle “non vite” programmate. Se mi passi il programma Amazzonia, dice la macchina alla pianta, io potrei riattivare la biodiversità e l’armonia. Insieme possiamo farcela. Avviciniamoci.
Pensiero stupendo
Nasce un poco strisciando
Si potrebbe trattare di bisogno d’amore
Testi: Leone Belotti
Illustrazioni: Alessandra Corti
Fonti e riferimenti:
Eduardo Kohn, Come pensano le foreste, 2013
V. Mayer-Schonberger e K. Cukier, Big Data, 2013
Pedro Domingos, L’algoritmo definitivo, 2015
Yuval Noah Harari, 21 lezioni per il XXI secolo, 2018
Giuseppe Verdi, Va’ pensiero, 1842
Pooh, Pensiero, 1971
Julio Iglesias, Pensami, 1978
Patty Pravo, Pensiero stupendo, 1978
Elvis Presley, You were always on my mind, 1973