Fu l’agronomo a riconoscerla. Una variante spontanea di una pianta proibita, disse.
Aveva un aspetto gracile e pallido. La piantina, intendo. Era spuntata tra gli interstizi della biblioteca della serra senza che nessuno se ne accorgesse, letteralmente a margine della zona riunioni. Non pareva destinata a lunga vita. Era un mercoledì, giorno di cura delle piante, perciò la chiamammo Mercoledì e l’accogliemmo intonando la cura.
Ti proteggerò dalle paure,
dai fallimenti che per tua natura attirerai.
Accadeva più di un anno fa nella serra Hydro Ware ad Alzano Lombardo. Erano i giorni della paura, al centro della pandemia. Ogni giorno, ogni ora crollava una certezza. Le persone morivano. Curare le piante? Ci serviva una cura per l’umanità. L’arrivo di Mercoledì fu uno stimolo ad affrontare l’impresa della conoscenza. Elevarsi. Non temere.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie.
Dopo qualche giorno l’agronomo disse che Mercoledì intendeva vivere, pur essendo probabilmente già estinta come specie. Gli chiedevo: ma che pianta è? Rideva: non vedi? Ma davvero è una pianta proibita? Certo, rispondeva, e tra le più antiche.
Pensavo scherzasse. Anche quando aveva detto che Steiner ci ha lasciato 30 saggi fondamentali e 350 volumi (trecentocinquanta) di trascrizioni delle sue 6000 conferenze per un totale di 36.000 pagine a cura dei suo successori, pensavo scherzasse. Ma non scherzava. Era di formazione steineriana. Citava un esempio di cosa vuol dire avere cura.
Nelle settimane che seguirono Mercoledì cominciò ad attecchire nei diversi campi del sapere, allungandosi tra gli scaffali dei libri di medicina, architettura, filosofia e scienze naturali. La nostra riunione settimanale divenne un seminario permanente sulla cura come relazione vitale tra esseri viventi. Non importa se io sono donna, tu sei uomo e Mercoledì è una pianta. Importa che ci sia cura tra noi.
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Perché la cura ci fa vivere. La cura è cercare e donare ciò che fa bene. Ecco cosa significa “voler bene”. Ma occorre andare oltre le percezioni dei sensi, oltre le impressioni dell’anima. Cercare lo spirito. Perché è con lo spirito che entro in relazione con le piante, e divento le piante, e capisco le piante.
Mercoledì adesso ha bisogno di più spazio. Si arrampica con gioia tra gli erbari e i florilegi, ma si aggancia a tutto, dalla biodinamica di Steiner alla neuro-botanica di Mancuso fino ai dossier della NASA sulle piante nello spazio passando per l’ecologia integrale di Papa Francesco. C’è l’idea di costituire e mettere a disposizione una biblioteca delle piante.
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza.
E impareremo che la cura è la più grande dimostrazione d’amore e non ha bisogno di parole. Non ascoltare l’agronomo, Mercoledì. Non sei “solo un’edera rachitica nata per sbaglio”. Per me sei stata davvero l’albero della conoscenza.
Ti salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale.
Ed io avrò cura di te.
Io sì, che avrò cura di te.
Testo: Leone Belotti.
Illustrazioni: Alessandra Corti
Fonti e riferimenti:
Rudolph Steiner, 1861-1925, Scritti e discorsi
Franco Battiato, La cura, 1997