Il mercoledì delle piante

Tutto scorre

Parla in fretta e non pensare se quel che dici può far male…

Ma tu sai già quello che sto per dirti, hai questa capacità di capire, di respirare quel che c’è nell’aria. Mi è sempre bastato alzare gli occhi per vederti e sentirti con me, dalla mia parte. Siamo stati insieme per anni, abbiamo condiviso ogni momento. Adesso è arrivato il momento di separarci.

Perché mai io dovrei fingere di essere fragile come tu mi vuoi?

Tanto poi tu lo sai, riuscirei sempre a convincermi che tutto scorre.

Forse aveva ragione la mia professoressa del liceo, ogni duemila anni bisognerebbe rileggere Lucrezio. “Tutto scorre, è nella natura delle cose”. “Ogni cosa muore, ma non muore del tutto”. “Da ogni forma di vita ne nasce un’altra, la natura ricrea ogni cosa”.

Panta rei, tutto scorre, è la filosofia del divenire di Eraclito. Oggi lo sappiamo, era già tutta lì la scienza della vita, del vivere in armonia. Ma abbiamo voluto scoprire i segreti della vita, trasformarli in numeri, leggi matematiche, metodi scientifici. Per governare la natura come fosse la nostra macchina, l’abbiamo fatta a pezzi.

Conosci quella famosa, bellissima favola illustrata che si intitola “L’albero”?

All’inizio il bambino amava l’albero, giocava a salire sull’albero, e l’albero era felice.

Ne mangiava i frutti, ne spezzava i rami per farci giocattoli, e l’albero era felice.

Diventato uomo, aveva bisogno di legna e tagliò l’albero, e l’albero era felice.

Ormai vecchio, si sedette a riposare sul cippo tagliato, e l’albero era felice.

Usami, straziami, strappami l’anima,

fa di me quel che vuoi.

Mia cara, adorata piccola Dracaena, come avrai capito, è il mio ultimo giorno in questo ufficio. Da domani qualcun altro sederà al posto mio a questo tavolo, sarà qualcuno più giovane di me, che sicuramente ti amerà, e tu sarai felice.

Ho iniziato a scrivere questa lettera di commiato quasi per gioco, per far passare il tempo, ispirato dalla canzone trasmessa dalla radio. Ma scrivendo, mi sono reso conto che questa, tra le migliaia di lettere che ho scritto da questa postazione, è la prima, l’unica lettera importante, vera, scritta da me, e certo anche l’ultima.

“Scriverò versi luminosi su una materia oscura”, è la promessa di Lucrezio, è una promessa bellissima, che tu mi hai fatto il primo giorno, e hai sempre mantenuto.

Voglio ringraziarti. Non solo per il lavoro misurabile che hai fatto, assorbire l’inquinamento elettromagnetico e risanare l’aria della postazione, ma per tutto il lavoro non misurabile, per la tua presenza, per avermi ascoltato, dato compagnia, fiducia e quel senso di calma che sempre mi hai trasmesso nei momenti di nevrosi.

Mancano poche ore, voleranno in un istante, tra poco spegnerò il computer, metterò le mie cose in un cartone e me ne andrò. Il capo del personale mi ha risposto “non credo proprio” quando gli ho chiesto se posso annoverarti “tra le mie cose”.

Vorrei essere saggio come insegna Lucrezio, vivere libero dal senso del possesso, dalle passioni divoranti, dalla paura della morte… accettare con serenità che tutto è in divenire, la continua metamorfosi della vita… Poi penso alla vita di Lucrezio…

Per tutta la vita ha evitato le passioni. E sai come finisce? Suicida per amore.

Per tutta la mia vita lavorativa non ho mai trasgredito in niente. E sai come finisce?

Ti porterò via con me, e mi prenderò cura di te.

Testo:
Leone Belotti.

Illustrazioni:
Alessandra Corti.

Fonti e riferimenti:

Negramaro, Mentre tutto scorre, 2005.

Tito Lucrezio Caro, De rerum natura, 55 a.C.

Shel Siverstein, L’albero, 1964.

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