Come il vento tra gli alberi
Da bambini il nostro sogno era la casa sull’albero. Il posto ideale per leggere.
Ho tra le mani uno dei miei primi libri. Scommetto che lo riconosci subito, caro architetto.
“Più l’arte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo. Ogni anno la città si espande e gli immondezzai devono arretrare più lontano. Il mondo intero è ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al centro una metropoli in eruzione ininterrotta”.
Si, sono “Le città invisibili” di Calvino. Dimmi, amico architetto, come siamo arrivati a vivere così, in queste case, in queste “città invivibili?” Avrai visto la campagna “Indoor generation”, avrai letto i risultati della ricerca. Il 90% delle persone passa il 90% del proprio tempo, e quindi della propria vita, in ambienti chiusi, ermeticamente chiusi. Cosa ci resta della vita “selvatica” che un tempo senza alcuna didattica ci formava come esseri liberi, svegli, ricettivi e desideranti? Una struggente nostalgia, e un rammarico per i nostri figli.
Mi ricordo montagne verdi e le corse di una bambina.
La città aveva mille sguardi, io sognavo montagne verdi.
Fammi capire, architetto, dove abbiamo sbagliato? Ci siamo nutriti di architettura greco-romana, con la sezione aurea come proporzione generatrice, imitazione del codice di bellezza della natura. Da un cespo di cavolo, da una pigna, abbiamo cavato il segreto della costruzione modulare.
Dal tempio greco siamo arrivati al moderno, al Modulor e alla città nuova di Le Corbusier, una distesa di grattacieli cruciformi. Era un sogno sbagliato la città ideale del Rinascimento? Non c’è nemmeno un albero, un fiore, un filo d’erba, in questa città ideale del Rinascimento. Infilarci dentro degli alberelli è un triste maquillage. Rendering di riqualificazione. Abbiamo bisogno di cambiare musica.
Dimmi come si fa ad uscire di qua, da questo cortile.
Vedi si può fare, costruire per sognare.
Il futuro dell’architettura è nelle piante. Riprendiamo il sogno della casa sull’albero. La bioarchitettura nasce dall’architettura organica negli anni ’70, dalla ricerca di un’architettura sostenibile in armonia con l’ambiente. In Italia arriva grazie a Ugo Sasso.
“Bisogna guardare oltre la cultura occidentale e le strettoie della tradizione costruttiva greco-romana” dice Maurizio Corrado, che ha raccolto da tutto il mondo progetti di “vegetecture”, realizzati con materie prime naturali come fasci di salice, paglia, terra, bambù. Le costruzioni di paglia hanno grandi capacità antisismiche; gli intonaci fatti con la terra garantiscono un isolamento termico e acustico eccezionale.
Va bene. Ma attenzione. Superata Leonia, si arriva a Bauci. “Dopo aver marciato sette giorni attraverso boscaglie chi va a Bauci non riesce a vederla ed è arrivato. La città sorge sopra gli alberi, sostenuta da sottili trampoli. Gli abitanti rispettano la Terra al punto da evitare ogni contatto e passano il tempo ad ammirarla dall’alto con potenti telescopi, contemplando affascinati la propria assenza”. Rinunciare alla natura “per salvarla” non è la via.
Parlami come il vento tra gli alberi, amico architetto. Parlami come il cielo con la sua terra.
Fammi sentire parte del mondo vivente. Ho bisogno di energia vitale e buone sensazioni. Non vivo solo di risparmio energetico e bonus fiscale. Più delle certificazioni, mi mancano le certezze. E mi manca la natura. Ho fame di luce, aria, sole, terra, erba, alberi.
Siamo luce che cade dagli occhi, sui tramonti della mia terra.
Testo: Leone Belotti.
Illustrazioni: Alessandra Corti.
Fonti e riferimenti:
Italo Calvino, Le città invisibili, 1972.
Marcella Bella, Montagne verdi, 1972.
Elisa, Luce, 2001.
Nina Zilli, La casa sull’albero, 2012.
Maurizio Corrado, Architetture del dopo, 2020.